IL TRIBUNALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    L'imputato Tawfik veniva tratto in arresto in flagranza del reato
di  cui  all'art. 14,  commi 5-ter e 5-quinquies d.lgs. n. 286/1998 e
presentato all'odierna udienza per il giudizio di convalida.
    L'arrestato,  in Italia senza regolare permesso dichiarava di non
aver compreso l'ordine di espulsione.
    Il p.m. chiedeva la convalida dell'arresto obbligatorio.
    La   difesa  si  opponeva  alla  convalida  sollevando  eccezione
d'incostituzionalita' della norma.
    Il  giudice,  chiamato  a  convalidare  l'operato  della  polizia
giudiziaria,  rileva  profili  di incostituzionalita' rilevanti e non
manifestamente  infondati  e che, quindi, devono essere sottoposti al
vaglio della Corte costituzionale.
    1.  -  Contrasto  tra l'art. 14, comma 5-quinquies cit. e art. 13
della Costituzione.
    L'art. 13 della Costituzione, secondo la lettura che ne e' sempre
stata  data  dalla  Corte  costituzionale  (si  vedano, per tutte, le
pronunce  n. 173  del  1971  e  n. 503  del  1989)  e  dalla Corte di
cassazione  (cfr.  sentenza  n. 297 del 1973), legittima il potere di
limitazione  della  liberta'  personale  da  parte  dell'autorita' di
pubblica  sicurezza  solo  in  quanto  anticipazione  e supplenza del
potere dell'autorita' giudiziaria.
    Ed infatti, ai sensi dell'art. 386 c.p.p., la polizia giudiziaria
deve  dare  immediata notizia al pubblico ministero di ogni arresto e
deve  porre  a  disposizione  del p.m. l'arrestato entro 24 ore; e il
p.m.  ha il potere/dovere di sindacare immediatamente l'operato della
polizia  giudiziaria,  sia  sotto  il  profilo della legittimita' che
sotto quello delle esigenze cautelari, ex art. 389 c.p.p. e 121 disp.
att. c.p.p.
    Nel caso di specie, e' invece attribuito alla polizia giudiziaria
il dovere di procedere all'arresto - obbligatorio - dell'indagato per
un illecita contravvenzionale, cui non puo' seguire l'applicazione di
alcuna  misura  cautelare (ex art. 272 e ss. c.p.p. ed in mancanza di
previsione speciale).
    Viene  cosi' riconosciuto alla polizia giudiziaria, in materia di
liberta'  personale, un potere autonomo e superiore rispetto a quello
di  cui  dispone  l'autorita' giudiziaria, in contrasto con l'art. 13
comma 2 della Costituzione.
    L'art. 14,  comma 5-quinquies, d.lgs. citato, poi, prevede che si
proceda  con  rito direttissimo: con cio' parrebbe risultare limitato
il  potere/dovere  del  p.m.  di  porre  immediatamente  in  liberta'
l'indagato  ex  art. 121 disp. att. c.p.p. (infatti nel caso in esame
non esercitato), in contrasto con il dovere di controllo dell'operato
della p.g. ex art. 13, secondo comma Cost.
    2.  - Contrasto tra l'art. 14, comma 5-quinquies e l'art. 3 della
Costituzione.
    L'arresto obbligatorio, previsto dall'art. 380 c.p.p. e' istituto
previsto  per  delitti di particolare gravita' puniti con l'ergastolo
ovvero  con  la  pena  non  inferiore  nel  minimo  a  cinque anni di
reclusione,  ovvero  altri  casi riguardanti delitti certamente molto
gravi quanto alle conseguenze sanzionatorie.
    Al  contrario, il reato per cui si procede e' una contravvenzione
giudicata  dal  legislatore  stesso  di  modesta  gravita', atteso il
tenore  sanzionatorio  della  stessa  norma (da sei mesi a un anno di
arresto)  e dunque ben lontana dalle caratteristiche degli altri casi
di arresti obbligatori.
    Il  fatto  che  poi  all'arresto debba necessariamente seguire la
liberazione non potendosi applicare alcuna misura cautelare, comporta
un'ulteriore   profilo  di  stridente  ed  ingiustificata  differenza
rispetto  agli altri casi di arresto obbligatorio dove la restrizione
della  liberta'  puo'  seguire  a  dimostrazione  della necessita' di
privare la liberta' personale dell'arrestato.
    Infine,  e'  stridente la disparita' di trattamento tra cittadini
extracomunitari non in regola con la normativa relativa al soggiorno:
l'art. 13,  comma  13-ter dello stesso decreto legislativo non impone
l'arresto  obbligatorio  dello  straniero  espulso  che  rientri  nel
territorio  dello  Stato  (punito con pena identica a quella prevista
per  lo  straniero  che  non  ottempera  all'ordine di allontanarsi),
neppure se l'espulsione era stata disposta dall'autorita' giudiziaria
(delitto  per  il  quale  e'  prevista  una pena ben piu' grave e che
consente l'applicazione di misure cautelari).
    3. - Contrasto con l'art. 97 della Costituzione.
    La  nuova norma ha comportato un rilevante aggravio di lavoro per
ufficiali   ed   agenti  di  p.g.  che  sono  obbligati  a  procedere
all'arresto,  con  tutti  gli incombenti conseguenti, cui si aggiunge
l'impegno  di uomini e mezzi dell'amministrazione penitenziaria prima
e  giudiziaria  poi,  senza  che  quest'attivita'  porti  a risultati
apprezzabili  dato che all'arresto deve necessariamente conseguire la
liberazione  dell'arrestato  in  quanto  non  e'  possibile applicare
alcuna misura cautelare.
    In  realta'  la  finalita'  del  legislatore,  volta  ad ottenere
l'espulsione,  potrebbe  essere  piu'  direttamente essere perseguita
mediante  l'accompagnamento  coattivo  alla frontiera, per altro gia'
previsto  dall'ordinamento,  senza  dover  passare tramite un arresto
obbligatorio  che  non  porta  alcun  contributo al fine, soprattutto
tenuto conto del dispendio di energia della p.a.
    Che la questione e' rilevante nel caso di specie, incidendo sulla
convalida  dell'arresto  che  questo  giudice e' chiamato ad operare,
questione del tutto indipendente rispetto alla necessaria liberazione
comunque  conseguente  all'impossibilita'  di  applicazione di misure
cautelari.
    Sussistendo,  quindi,  seri  dubbi di legittimita' della norma in
esame  in relazione agli artt. 3 e 13 della Costituzione, va disposta
la sospensione del procedimento per le valutazioni della Corte.
    In mancanza di titolo detentivo, va altresi' disposta l'immediata
rimessione  in  liberta'  dell'indagato,  se  non  detenuto per altra
causa.